L’abile penna di Calvino ci intrattiene in questo romanzo attraverso la voce del famoso Marco Polo. Il viaggiatore veneziano racconta a Kublai Khan delle città incontrate durante i viaggi nel suo impero. Ogni città è unica, ma legata alle altre da un filo. Ogni città ha qualcosa da raccontare e qualcosa da insegnare. Così Kublai Khan ascolta rapito sera dopo sera i racconti di Marco Polo e riflette sul suo impero che ormai è giunto al tramonto. Ciò che lega le città tra loro è la loro invisibilità, infatti le città descritte da Polo esistono solo nella sua mente, con dei dettagli che solo il suo occhio può vedere.
Confesso che il rapporto che ho con la scrittura di Calvino è contrastante. Da una parte adoro la sua capacità descrittiva e riflessiva che in questo romanzo si esprime con forza. Dall’altra parte non amo particolarmente il modo in cui sviluppa la storia. La trama in questo romanzo è abbastanza scarna, quasi inesistente. La vicenda di fondo è una discussione tra Marco Polo e Kublai Khan che senza dubbio giunge a grandi conclusioni e pensieri, ma che in sostanza non racconta nulla.
Leggo i suoi romanzi in modo sempre un po’ forzato, ma alla fine sento di aver tratto qualcosa di buono da queste letture.
Le descrizioni delle città sono affascinanti e potrebbero scaturire solo dalla mente di Calvino. Di ognuna di esse possiamo vedere la sagoma disegnata nella nostra mente, poiché per ognuna viene focalizzato l’elemento che la contraddistingue, quella caratteristica che è in ogni città, ma che non riusciamo mai a cogliere.
CURIOSITA’: sull'isola Minorca si trova un hotel i cui interni sono stati realizzati sulla base delle descrizioni del libro Le città invisibili.
Erica